Indice

  • Castel d'Arno
  • Francesco Alfani
  • Castel d'Arno, storie e leggende

Castel d'Arno

Il castello

D

ove sorge Castel d'Arno era un area di confine già all'inizio del IV fine del V secolo avanti Cristo, quando gli Etruschi sembrano sostituire le popolazioni che abitavano il territorio a est del Tevere assumendo le due città di Arna (Civitella d'Arno) e Bettona alla funzione di avamposti nel territorio abitato dagli Umbri(1).
Affresco sopra la porta d'ingresso del primo quarto del sec. XVI raffigurante la Madonna in trono con il Bambino; a destra S. Lucia, sinistra S. Caterina (info da 'Il vecchio castello racconta...')

A un lungo periodo di prospera pace romana, seguirono travagliate invasioni gotiche e la guerra con Bisanzio che intorno alla seconda metà del sec. VI causa la distruzione del centro di Arna e la cancellazione del suo municipio*1(1); la popolazione non abbandona questi luoghi ma si adattò a vivere in insediamenti adatti a difendersi dai pericoli(2).

Dal 592 al 594 Perugia viene occupata due volte dai longobardi e sempre ripresa dai bizantini che, comprendendone l'importanza strategica, ne consolidano il controllo. Perugia assume il ruolo di presidio bizantino e vanta un certo grado di autonoma tanto da costituirsi Ducato per alcuni secoli(sec. VII-VIII circa), mentre sulla riva sinistra del Tevere, l'arnate è sotto il controllo del Ducato longobardo di Spoleto(1)(3).

Forse in epoca bizantina(4), ma probabilmente a seguito dell'avvento franco*2 e dell'inizio del consolidamento e ampliamento territoriale di Roma e, al fianco di questa, di Perugia, che l'arnate, come altri territori sulla riva sinistra del Tevere e in altre aree, entra a far parte del patrimonio romano(3).

La descrizione particolare del territorio perugino si ha all'inizio del secondo millennio dai primi documenti storici locali.

In un testamento del 995 si descrivono i quattro lati del confine dell'area coinvolta nella donazione che si trova a nord del Rio Grande; nel terzo lato, i territori a est del Rio Grande sono descritti come longobardi e sono distinti da quelli del quarto lato a sud e così descritti: "quarto latere fine la curte de Arne quo est massa Sancti Petri"(fino al quarto lato della corte d'Arna, massa di S. Pietro (di Roma))(vedere note in Castiglion Fidatto)(5); quindi, dal Rio Grande, a est verso Assisi si hanno i longobardi, a sud non si parla di longobardi ma della corte d'Arno che è la Massa di S. Pietro (di Roma).

Il 14 ottobre 1059 Papa Nicolò II concede all'abate Bonizo del monastero di S. Pietro di Perugia la riscossione delle decime dei "castellis et villis eorum et pertinenciis in massa Sancti Petri constitutis, idest, Arni, Civitella, Pilonico" (castelli e ville e le loro pertinenze nella massa di S. Pietro costituita da Arno, Civitella, Pilonico)(6). Come nel contratto del 995, anche in questa concessione si fa riferimento alla "massa Sancti Petri", il che pare intendere che da Roma non si esercitasse una sovranità piena e/o diretta; oltre a questo, si ha anche un riferimento ad "Arni", che non può che essere Castel d'Arno e una descrizione di quli aree facevano parte della massa.

Parisi Domenico detto Ico Parisi

Un censimento dei beni della chiesa romana del sec. XII, che potrebbe riferirsi a documenti più antichi, riporta di una "Massa de Arne, cum Castellis, Villis, silvis" come parte del "patrimonia Romanæ Ecclesiæ in Comitatu Perusino"(la "Massa de Arne" con castelli, ville e selve, come patrimonio romano nel territorio perugino)(7); a differenza delle altre "Massa" elencate nel territorio perugino, solo di quella d'Arna se ne descrive, e quindi comprende, il territorio.

Nel 1186 Arrigo VI, per premiarne la fedeltà, concede a Perugia l'elezione libera dei Consoli e altri vantaggi e conferma alla città il dominio del contado e dei territori circostanti. Con questa concessione, il "Castellum Arne" è esplicitamente annesso a Perugia, pur lasciando al rettore del Ducato di Spoleto alcuni diritti(8).

L'atto del 1059(6) e la concessione del 1186(8) concedono alla città di Perugia la piena giurisdizione temporale e spirituale su queste terre, oltre che di altre, controllo che evidentemente prima di queste date, almeno formalmente, non aveva.

In altri censi pontifici la cui data è stimata alla fine del sec. XII, si hanno le registrazione delle rendite provenienti, tra le altre entià, dalla "Ecclesia sancti Iustini unciam I auri pro unoquoque anno, et de castello Arno a Guidone et sociis XII lucenses pro unoquoque anno."(Chiesa di S. Giustino 1 oncia d'oro l'anno, e dal castello d'Arno a Guido e "sociis", 12 Lucchesi l'anno)(4); Il monastero di S. Giustino e 'ancora' Castel d'Arno sono i principali centri dell'arnate da cui la chiesa romana riceve le annuarie. L'assenza della data di queste registrazioni rende difficile capire il contesto; mentre per il monastero di S. Giustino si ha una certa continuità di controllo da parte della chiesa romana, come è dimostrato nel 1238 quando il Papa estromette i monaci benedettini (tributari di 1 oncia d'oro all'anno(4)) in favore di quelli Templari (per 1 bisante d'oro all'anno(9)(10)). La situazione per "Guidone et sociis" è meno chiara; costui è certamente il "Guido Iohanni" di Castel d'Arno, capostipite di un ramo della famiglia che signoreggiava in questo luogo nel sec. XIII; di lui si conosce un suo unico atto compiuto nel 1186, dopo di che viene ricordato solo il suo nome associato a quello dei figli, inoltre i figli e i nipoti, suoi e di suo fratello, rendono conto e operano solo per il comune di Perugia o al più per quello di Assisi, nulla si sa di Roma; è quindi probabile che Guidone sia stato l'ultimo beneficiario della concessione romana fino a quando, nel 1186, Arrigo VI consegna l'arnate alla città di Perugia.

Parisi Domenico detto Ico Parisi

L'importanza di Castel d'Arno è riscontrabile anche dai primi censi delle comunità del contado perugino; nel primo elenco del 1258, unica località dell'arnate a essere indicata come castello*3 è "Castrum de Arne"; nel 1282 nel distretto di "castro Arnis" si contano 63/71 focolari (famiglie) quando nelle vicine località di villa "Civitelle Arnis" sono 20, villa "Pilonici" 37, villa "Plebis Ripe" 24/36 e villa "S. Egidii de Colle" 31; nel 1438 e 1456 in Castel d'Arno si regista un forte calo demografico con rispettivamente 22 e 17 focolari; nel 1501 la popolazione aumenta a 26 focolari ma si assottiglia il divario con le altre località; nel castello di Civitella d'Arno ci sono 9 focolari, nel castello di Pilonico Paterno 28, in villa della Pieve di Ripa 16 e nel castello di Sant'Egidio del Colle 29(11).

          Giovanni(Gianni)
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Tebaldo                      Guido
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Mercede                Uguccione("Uguitio")
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Terrisii                    Avultrone                  "Siverii de Castro Arnis"
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Ugolino  "Nutius" Pietro(parroco) Benvenuto   (fratelli?)  Aldovranduccio

La prima importante famiglia di Castel d'Arno conosciuta è quella dei due fratelli "Tebaldo de Iohannis" (1181) e "Guido Iohanni" (1186) cioè Tebaldo e Guido figli di Giovanni; nel 1209 "Uguitio q. Guidonis Iannis"("Uguitio" figlio di Guido) è uno dei due arbitri, della parte dei "boni homines" Assisani, in un lodo tra Perugia ed Assisi; nel 1217 sempre "Uguitio Guidonis Iannis et homines sue terre"(... e gli uomoni delle sue terre) è citato tra gli alleati perugini nel lodo arbitrale di Pandolfo de Sigura tra Perugia e Gubbio(12).

(da 'Il vecchio castello racconta...')

In un documento del 1219 Uguccione (o "Uguitio") "Iannis de castro Arnis" è identificato come il domino di Castel d'Arno e, nello stesso documento, Mercede (di Tebaldo) conferma di essere suo "frater consobrinus"(cugino fraterno)(12).

Delle proprietà dei due cugini si sa poco; del ramo familiare di Tebaldo e figli (quindi anche Mercede) si conoscono beni presso Lupaccione (località a nord di Castel d'Arno), Civitella, Ripa e un "molendino quod habet in flumine Clasii"(un mulino che ha nel fiume Chiascio)(12).

Come detto, Uguccione è uno degli arbitri assisani nel lodo del 1209; nel 1231 ospita un contingente militare di Assisi come atto di fedeltà(12); se si tiene conto del fatto che suo cugino Mercede compare negli elenchi dei nobili assisani nel 1232(12), si ha il quadro di una famiglia la cui residenza era nel territorio perugino ma che ra di origini assisane e probabilmente longobarde.

Come abbiamo visto, nel 1217 Uguccione è, con gli alleati perugini, parte attiva al conflitto tra Perugia e Gubbio; Uguccione ha anche degli interessi ed è protagonista nelle vicende di Galgata, un castello ad ovest nel territorio eugubino lungo presso il torrente Ventia; qui sembra avere rapporti (forse familiari) con le famiglie delle località vicine di Fibino e Giomici*4.

Nel 1232-34 "Uguccione Guidonis"*4 e il figlio Avultrone, con la complicità di Leonardo "Tafuri de Fiblino" (e/o di Carestello), sono accusati di aver saccheggiato e occupato il castello di Galgata, per metà soggetto alla canonica di S. Mariano di Gubbio e per metà al monastero di S. Maria in Val di Ponte. I dettagli della vicenda non si conoscono, ma Uguccione è certamente in cattivi rapporti con la canonica di Gubbio sin dal 1213 e con il comune di Gubbio dal 1217. Sono chiamati a giudicare i fatti il vescovo e il preposto tifernati e il priore della chiesa di S. Fortunato di Città di Castello. Il sindaco della canonica di S. Mariano di Gubbio, Gratia, esige un cospicuo risarcimento per i danni cagionati agli uomini e al castello di Galgata. I giudici ammoniscono gli imputati di non essersi fatti trovare durante il recapito di una prima lettera di citazione e di non essersi presentati in giudizio. La sentenza non si conosce ma si sa che per pagare i danni "Uguccione Guidonis" deve dare in pegno due suoi terreni presso Galgata; di Leonardo Tafuri non si hanno notizie ma probabilmente deve aver contribuito a risarcire una parte dei danni(12)(per la storia completa vedere Castello di Galgata).

Nel 1260 Avultrone "d. Uguitionis" è sindaco e "bailitor" di Castel d'Arno(12); Nel 1263 sempre Avultrone "d. Uguitionis de castro Arnis" è proprietario di un molino sul Chiascio "inter confinio Perusii"(12).

Tra il 1276 e il 1277 "Nutius" e fratelli, figli di Avultrone, sono più volte chiamati in giudizio dal Consiglio speciale di Perugia per rendere conto dei ripetuti furti compiuti ai danni degli assisani nel territorio di Assisi e di Perugia; a sua volta anche "Nutius d. Avultronis" è vittima dei furti compiuta dagli assisani(12).

Per l'incapacità dei monaci benedettini di gestire materialmente e spiritualmente il monastero di S. Giustino, nel 1238 si rende necessaria la loro estromissione e l'insediamento di nuovi monaci appartenenti all'Ordine Templare. Sotto la gestione dei nuovi monaci, il monastero di S. Giustino torna alla prosperità, ma il loro operato non sembra essere apprezzato dalla nobiltà laica e dal clero locale. Tra il 1283 e il 1285 le tensioni sfociano in rivolta e "una moltitudo di gente armata" costringe i monaci-cavalieri a lasciare precipitosamente S. Giustino alla mercé degli assalitori. Pare che a far esplodere una situazione già difficile, siano stati i vecchi monaci benedettini intenzionati a tornare in possesso del monastero(1). Nell'aggressione sono coinvolti, tra gli altri, i signori di Pilonico, Ripa e alcuni ecclesiastici; tra i sobillatori sono anche Nutius di Castel d'Arno e il fratello Pietro, questo secondo non a caso è appunto un sacerdote. Per questa aggressione i due fratelli sono condannati dal tribunale di Perugia al pagamento di una pesante pena pecuniaria che viene ancor più aggravata dalle ripetute condanne in contumacia; infine sono condannati alla "publicatio et devastatio" dei loro beni e banditi per sempre dal comune di Perugia(12); stranamente le autorità non sembrano prendere provvedimenti contro i monaci usurpatori che riescono a detenere il monastero fino all'intervento nel 1303 di Benedetto XII che riconsegna il monastero ai templari; ma questi vi restarono pochi anni perché nel 1312 l'ordine viene soppresso e il monastero viene ancora occupato dai monaci benedettini fino al 1316, quando vi si stabiliscono gli Ospedalieri di S. Giovanni Gerosolimitano(1).

Dopo questi fatti, il controllo del castello sembra passare all'altro ramo della famiglia, cioè a Ugolino "Terrisii" nipote di Mercede, allibrato nel 1285 per 600 libre e ad Aldovranduccio d. Siverii, del quale non si conoscono le origini, allibrato per 800 libre; entrambi nel 1286 sono ricompensati dal comune di Perugia per la loro partecipazione nella guerra contro Foligno(12). Nel 1296 "Benvenuto d. Avultronis de dicto castro [Arnis]" viene denunciato e multato per aver ospitato nel castello "dompnus Petrus"(don Pietro) bandito dal comune di Perugia(12).

Castel d'Arno sembra subire un calo demografico già nella prima metà del XIV secolo tanto da essere indicato quasi disabitato e in cattive condizioni; nel 1322 viene concesso in perpetuo ai suoi abitanti di fare un mercato ogni giovedì in Pianello villa di Castel d'Arno(13); nel 1361 è certa la presenza in Pianello di una piazza del mercato(1).

Nel secolo XIV, nel "districtu Castri Arnis" si si hanno altri due importanti insediamenti e cioè di "villa Caimani" (nelle attuali carte regionali "Camaino", lungo l'antica via traversa)(coordinate GPS 43.13449, 12.533159) con 7 abitazioni e 13 unità fiscali e "villa Pianelli" con 17 abitazioni e 13 unità fiscali. Oltre ai due insediamenti suddetti, ve ne sono altri di piccola entità, ben 11, che specialmente nella valle del Chiascio sembrano in qualche modo preludere a quella rete di case coloniche che avranno un intenso sviluppo dal secolo XVI(1).

Un'altra località nel distretto di Castel d'Arno è quella di Torranca o Torre di Ranca, al confine con Assisi e Valfabbrica che fino al sec. XIII faceva parte del territorio di Assisi. La stessa chiesa del luogo, S. Donato, a volte la si trova citata come di Ranca di Assisi(16). Nel 1310 gli assisani presentano una richiesta a Perugia per poter insediare una loro guarnigione ma la richiesta è di fatto respinta; nove anni dopo, nel 1319, il castello e altri borghi sono sottomessi a Perugia(14). Nei sec. XIV e XV il castello di Torranca è ripetutamente conteso dai due comuni, viene demolito e ricostruito, ma rimane sostanzialemnte in mani perugine(14). Nel 1981 il castello risulta diroccato(26). Oggi il vocabolo "La Torrnaca" è in un colle a est di Pianello (coordinate GPS 43.145844, 12.556971) e, sopra quello che era rimasto del fortilizio, è stata costruita una villa.

Nel 1361, all'atto della stesura dell'impianto catastale, all'interno delle mura si possono contare, stando alle proprietà della gente che lo abitava, più di 23 case e 9 casalini (edifici di non pienamente funzionali)(1).

Erano iniziate le lotte per il dominio di Perugia tra i nobili detti "Beccherini" e i borghesi detti "Raspanti". Con i raspanti vincitori, nel 1381 i nobili fuoriusciti occupano Castel d'Arno e Civitella Benazzone. Temendo la reazione dei Priori, i ribelli organizzano le difese e cercano di ottenere il sostegno della gente del posto. Vano è il tentativo dei commissari inviati per trattate della "recuperatione del Castello co quei di dentro Paoluccio di Nino dei Gudalotti", quindi s'insedia una guardia per difendere il contado dalle possibili scorribande dei rivoltosi; l'assedio viene poi stretto con l'invio di altri soldati guidati dal capitano di ventura Alberigo Barbiano. L'anno successivo in gennaio, "volendosi finalmente torre dalle molestie de' fuorusciti & particolarmente di quelli che havevano occupato Castel d'Arno, [i perugini] deliberarono di mandarvi nuovi soldati, oltra quelli che vi havevano, sotto la cura del Capitano dal Verde [Pietro] huomo in quei tempi nel mestier dell'armi molto pratico". Furono coinvolte "tutte le genti della città atte a portare armi all'impresa di Castel d'Arno, i quali vi andarono poi come si disse, sotto la scorta di M. Pretro dal Verde Capitano di guerra della città, il quale due giorni dopo che vi fu giunto, messe in punta tutte le cose opportune al combattere, cominciò a dar la battaglia al Castello, & di già era in termine da poter tosto' ottenere la vittoria, quando Filippo da Pisa & Agnolo da Ramazzano, due de' principali di quei di dentro, vennero occultamente a patti con M. Pietro di darli per mille cinqueceno fiorini il Castello, ma che per honor loro, egli s'ingegnasse di prenderlo per forza, come fece senza spargervi sangue, & fu anco promesso loro di assoldarli con cento quaranta fanti, & cinquecento cavalli per quattro mesi, il che fu poi, come ne'libri s'asserisce esseguito."(13).

I Priori e i Camerlenghi di Perugia sono chiamati a esaminare la situazione dei fuorusciti con l'intenzione di premiare coloro che si sono ben comportati nel loro esilio e punire quelli che hanno operato ai danni della repubblica. Alcuni di quelli puniti, dichiarati nemici della patria, sono condannati alla confisca dei beni e, alla pena della vita, "alcuni altri ch'erano tassati di haver dato favore alla ribellione di Castel d'Arno, & di Città di Castello e d'essere intervenuti in Ogobbio [Gubbio], & in Arezzo e parbimenti contrarij alla Republica furono condannati anch'essi in pena della vita, ma non nella confiscatione dé beni con espressa dichiaratione che se venivano in mano della corte, si dovesse a tutti tagliar la testa, fuori, che ad uno Agnolino di Domenichello, che fu condannato alla forca, perch'egli era stato autore della perdita di Castel d'Arno, e questi furono in tutto 62."(13).

Ripreso il controllo del castello, il consiglio dei priori ne decreta il riattamento e la fortificazione e permette agli uomini di reperire i materiali necessari nelle terre di "Angelino"(Domenichello?) ribelle e traditore del Comune(14). Il 21 dicembre 1386 viene nominato un "perito che riconoscesse e esaminasse il lavoro" completato(14). Nel 1393 il Comune vuole "accrescere le fortificazioni" del castello e il 7 Marzo ne acquista una porzione da un Barzo d'Agnolello di Nino dei Barzi(13)(14). Nel 1394 Il Magistrato esenta dal pagamento delle tasse per 150 fiorini d'oro gli uomini impegnati nella fabbrica di Castel d'Arno(13). Nel 1395 il Comune acquista altre proprietà nel castello da altri due esponenti della famiglia Barzi(14) e, nello stesso anno, i Magistrati "fecero gratia a gli huomini di Preggio [e Castel d'Arno] per tre anni di potersi valere di quei danari che essi ordinariamente pagavano alla città, per le tasse & colte loro, affinché rassettassero le mura di quel Castello, & lo facessero minore, acciò fosse più gagliardo, & che meglio si potesse da nimici difendere"(13) e "pel qual fine fu anche demolita una torre"(14).

Dal sec. XIV il maggior proprietario terriero in Castel d'Arno era Alfano di Francesco di Bartolo che, oltre ad aver ricoperto diverse cariche civici, è iscritto all'arte della Mercanzia(11). Nel 1429 si sospetta che nelle terre di Alfano in Castel d'Arno, gestite dal fratello Severo, abbia trovato più volte a dimora il loro nipote Pandaro, ribelle della Città(13). Nel 1441 il patrimonio di Alfano di Francesco ammonta a 86 partite (di cui 8 urbani), nel 1487 la famiglia arriva ad avere fino a 151 partite, nel 1499 calano a 122; solo in Castel d'Arno le terre superano la stima di 5000 libbre(11).

Nel 1451 il Consiglio Generale stabilisce un sussidio di 30 fiorini alla comunità di Castel d'Arno per finanziare la costruzione e riparazione delle mura(14). Il mantenimento delle mura doveva costare troppo a una popolazione che era ridotta a poco più di un terzo di quella del secolo precedente quindi, nel 1452, gli uomini del castello sono nuovamente esentati dal pagamento dei debiti d'imposta, purché tornassero ad abitare nel castello(11)(14)

Nel 1455 il Capitano del Popolo di Perugia Sante Viteglie da Corgneto fa arrestare Favolo di Lello con una sommaria accusa di essere un ladro e gli vengono inflitti atroci supplizi fino a ucciderlo; nel frattempo i fratelli di Favolo, che sostenevano la sua innocenza, ottengono da Roma l'ordine di scarcerazione. La notizia della morte di Favolo viene celata per quattro giorni, ma quando i parenti ne vengono a conoscenza, questi insorgono e in 50 da Ripa e Castel d'Arno vanno al Palazzo dei Priori a Perugia per farla pagare al Sante. Il Capitano del Popolo riesce con difficoltà a fuggire dal palazzo dei Priori e a trovare protezione a casa di Braccio il quale "essendo in casa uscì fuore e menò seco alchuni di questi"; Sante viene confermato nel suo ufficio e quasi tutti i contadini sono messi al bando(15).

Nel 1464 Papa Pio II, in transito nel perugino, alloggia in Pianello di Castel d'Arno, Casa Castalda e Sigillo; poco dopo muore ad Ancona(8).

Nel 1474 e 1475 si devono ancora stanziare 30 e 10 fiorini per la manutenzione delle mura e nel 1485 altri 25 fiorini per costruire una cisterna(1)(14).

Nel 1477-78 il condottiero Conte Federico da Montefeltro e i suoi soldati si fermano a Pianello in attesa dei rinforzi prima di attaccare i territori toscani di Siena e Arezzo(13).

Nel 1496 (1486(14)) Astorre Baglioni con cavalieri e fanti, danneggia e preda il contado e la città di Assisi; il conte di Sterpeto, che nel frattempo aveva organizzato una resistenza di soldati e cittadini, ricaccia fuori il Baglioni e, per vendicarsi dei danni subiti, saccheggia i territori di Casa Castalda, di Castel d'Arno e di Civitella (d'Arno); il Baglioni torna più volte a far danni nell'assisano, tanto quasi da tenere la città assediata, fino a che Perugia, Assisi e i fuorusciti assisani non si accordano per una pace(13).

Nel 1515 quelli del "Palazzo de' Figliuoli di Cagno Castello d'Ascesi" (il Castello dei figli di Cagno o Cambio di Palazzo di Assisi) e Contucciolo di Castel d'Arno sono in lite tra loro. Avviene che quelli del Palazzo, con cinquanta o cento uomini, vanno "nascosamente di notte a Castel d'Arno, & entrati dentro per forza amazzassero il Contucciolo loro nimico, & gli usassero (ancorche non fosse, ne condannato, ne altro, molte crudeltà) con appiccarlo, & saettarlo, & con strascinarlo per lo Castello, & ferissero alcuni altri che v'erano.". Sdegnati di questo, i Magistrati perugini per rappresaglia inviano al Palazzo quattromila soldati guidati da Sforzino Baglione. La città di Assisi manda "suoi Ambascatori per placarli, & per iscusare la loro innocenta, & a pregare finalmente che contra i delinquenti, & colpevoli del delitto, si procedesse, & no contra gl'innocenti". Il Baglione, entrato nel castello di Palazzo ma "non vi havendo trovato i delinquenti, fece subito scaricare una picciola casetta che vi haueuano, & messo l'insegna della città su le mura & fatto sonare tamburi & trombe, fece tutti quelli atti che si sogliono fare, quando si prende il possesso d'alcun luogo per qualche città. Et volle per honor di lei, che un figliuolo di Contucciolo, ch'era in Ascesi per causa capitale prigione, fosse liberato, & mandati alcuni del Castello [di Palazzo] prigioni alla Città, se ne torno anch'egli con le genti a Perugia."(13). Il racconto del Pellini sembra non essere oggettivo; in realtà pare che gli assisani avessero le loro ragioni per irrompere in Castel d'Arno e far violenza al Contucciolo che non a caso, come si è detto, aveva il figlio nelle prigioni di Assisi. Assisi non accetta il sommario giudizio di colpevolezza di quelli di Palazzo, tanto è vero il 17 ottobre del 1515 Leone X, evidentemente chiamato in causa proprio dagli assisani, ammonisce Perugia per aver "preso le armi contro gli assisani che avevano prestato aiuto alla carcerazione di alcuni banditi arrestati a Castel d'Arno, proibisce espressamente di procedere nuovamente in simili attentati ed esorta a rimettere qualunque vertenza nelle mani del legato."(16).

Nel 1517 Il Duca d'Urbino entra nel contado perugino con il suo esercito e, dopo aver preso Sigillo, Fossato di Vico e Casa Castalda, il 7 maggio marcia verso Perugia(13). l'11 maggio "si diceva che erano stati al Pianello, e dove andavano facevano danno inestimabile con fuoco e mozzare alberi, massime noi patimmo assai a Castel d'Arno"(17). Per risparmiare la città, il Duca chiede che venga reinsediato Carlo Baglioni con altri fuoriusciti e le vettovaglie per i suoi soldati; Perugia si rifiuta la richiesta e tra l'11 e il 14 maggio viene assediata. La città resiste agli attacchi fino al 27 maggio quando le due parti, entrambe stremate, sono obbligate a patteggiare un nuovo accordo(13)(17).

Nel 1522 la comunità di Castel d'Arno ottiene di poter esigere 30 fiorini dalla comunità di Torre Ranca per riattare le mura di quel castello(14).

Nel 1536 si concede alla comunità di Castel d'Arno e al patrizio perugino Alfano Alfani la possibilità di poter tenere annualmente un mercato "seu nundinas"(o fiere) nelle pertinenze del loro castello, in località detta Pianello, durante la festa di S. Maria Maddalena il 22 luglio e per i due giorni seguenti. E' inoltre confermato di fare il mercato settimanale ogni giovedì, dalla chiesa dei SS. Valentino e Biagio, sempre al Pianello, fino al fiume Chiascio e alla Torranca di Assisi. Oltre alla comunità, è dunque esplicitamente permesso di commerciare all'Alfani, illustre personaggio perugino oltre ché tesoriere della Camera apostolica(18).

Sul finire del sec. XVI Francesco Alfani è a capo di una banda di banditi; residente nell'antica proprietà di famiglia di Castel d'Arno, ne fa un covo di briganti (per la storia di Francesco Alfani vedere pagina sotto)(8).

Nel 1656 in Castel d'Arno ci sono 195 abitanti che diventano 224 nel 1701(19).

Nel 1702 e nel 1703, su richiesta della famiglia Alfani, si ripristina la facoltà di fare mercato dopo anni di oblio, dovuto anche alla vicinanza con il territorio dello stato urbinate, prima non sottoposto alla Chiesa; per la coincidenza con altri mercati vicini, il giorno non doveva essere di giovedì ma di lunedì(18).

A metà del 700 Girolamo Alfani conia moneta falsa in Castel d'Arno(8).

Le fortificazioni di Castel d'Arno sono destinate alla rovina per il venire a mancare della loro utilità e soprattutto per l'abbandono, graduale ma sostanzialmente continuo, da parte dei suoi abitanti che tendevano a stabilirsi in quello sottostante di Pianello, più funzionale alle attività agricole e commerciali tanto che, nel XVIII secolo, le mura appaiono "assai danneggiate"(1)(14).

Da censimenti diocesani, nel 1829 nel territorio di Castel d'Arno si contano 304 anime; nel 1854 in "CASTEL dell'ARNO, ossia TORRANEA [Torranca?] con PIANELLA" ci sono 400 abitanti; nel 1861 in "Castel d'Arno, ossia Sorranca [Torranca]" vivono 442 individui(19).

Nel 1958/59 il Comune di Perugia invia dei camion a Castel d'Arno per evaquare tutte le persone che abitavano nel castello, 27 famiglie in tutto, e trasferirle nella scuola di Pianello; sei o sette mesi dopo si iniziò a demolire le case dentro il castello(20).

Nel 2024 viene restaurato l'affresco della Madonna con Bambino che è sopra la porta d'ingresso del castello(21).

Le chiese

Monastero di San Giustino d'Arno. Il monastero benedettino di S. Giustino d'Arno (a sud di Piccione), non faceva parte del distretto di Castel d'Arno, ma fino al sec. XII è stato il principale centro di diffusione del cristianesimo nell'arnate; oltre ad essere allibrato per un consistente patrimonio, a esso dipendevano diverse pievi e parrocchie(1).

Nel sec. XII, "Sancti Justini de Valle Pontis" è tra le abbazie e canoniche dell'Episcopato perugino soggette al Patrimonio(7); in questo secolo la "Ecclesia S. Justini" paga una quota di "unciam I auri pro unoquoque anno"(oncia 1 d'oro all'anno) alla Chiesa romana(4).

Quando nel 1238 il monastero di S. Giustino versa in una profonda crisi causata della mal gestione dei monaci benedettini, Gregorio IX vi insedia i monaci dell'ordine dei templari per un canone annuo di un bisante d'oro(1)(9)(10); i nuovi monaci sembrano ben operare ma nel 1283-85 vengono violentemente cacciati dalla nobiltà laica ed ecclesiastica locale con cui erano in conflitto; reinsediati nel 1303 (come descritto sopra), i templari restarono nel monastero fino alla soppressione del loro ordine nel 1312(1).

Nel solo distretto di Castel d'Arno, al monastero di S. Giustino sono subordinate la pieve di S. Valentino, la chiesa di S. Angelo, la chiesa di S. Giovanni Battista le chiese di San Donato di Ranca e di San Cristoforo(22); nel sec. XIV la "Ecclesia Sancti Iustini de Arno" risulta dipendente della pieve di S. Quirico(23);

Dopo la soppressione dell'Ordine dei Templari, il monastero è per pochi anni di nuovo occupato dai benedettini; passa quindi ai Cavalieri Ospitalieri di San Giovanni di Gerusalemme, poi di Rodi e in fine dal 1530 ai Cavalieri di Malta che detengono ancora oggi la proprietà della Commenda(1)(22).

Da un cabreo compilato tra il 1744 e il 1745 risulta che "la chiesa nuova (fu) eretta sopra la vecchia, restaurata ed accresciuta nel 1628 dal fra Carlo Aldobrandino"(24); del convento oggi rimane la grande chiesa romanica, conservata intatta grazie all'attento restauro del 1933(25).

Chiesa di Sant'Angelo. La chiesa di S. Angelo era posta "prope menia castri (Arnis)"(presso le mura del castel' d'Arno)(26) o "extra . . . castrum Arnis, per quantum iactus est lapidis existens in capite cuiusdam collis"(fuori... da castel d'Arno, a due passi dalla sommità di un colle)(26) o ancora "appresso le mura di questo Castello lontano da esso circa un tiro di sasso"(14).

Una prima citazione di questa chiesa si trovata in un documento di Benedetto XI del 1303 che riferisce dei violenti fatti che hanno coinvolto il monastero di S. Giustino negli anni '80 del 1200; nella vicenda si ricorda il coinvolgimento di un Ventuira rettore della chiesa di "sancti Angeli de Castro Arni"(1)(10).

Dipendente dal monastero di S. Giustino(22)(26), nel sec. XIV la "Ecclesia Sancti Angeli de castro Arni" risulta dipendente della pieve di S. Quirico(23); nel 1456 sono registrate assieme la "Ecclesia plebis Sancti Valentini et Sancti Angeli de Castro Arnis" con 4 pezzi di terreno(11)(16) e con un unico rettore Antonio "Egidi" da Cortona(26); ancora nel 1486 avevano un loro catasto "sotto nome di pieve di S. Valentino e di S. Angelo"(14). Nei censimenti catastali del sec. XVI le due chiese sono invece distinte, una come "Ecclesia Sancti Angeli de Castro Arnis", l'altra come "Ecclesia Sancti Valentini de Castro Arnis"(16). Sembra quindi che la chiesa e la pieve siano rimaste unite per alcuni decenni con il titolo di pieve*5. A causa del terremoto del 1572 la chiesa diviene impraticabile e nel 1573 cadde(14)(26).

Pieve di San Valentino. La pieve di San Valentino sembra sia stata costruita dagli abitanti della pianura quando nel 1059 Papa Nicola II concede all'abbazia di S. Pietro di Perugia il diritto di riscuotere le decime nelle terre dell'arnate(1).

La pieve "de Planello"(11) o "de plano castri Arnis"(1) pareche fosse nella piana tra pianello e Castel d'Arno; nei catastali del XIV questa è indicata in "Planum Sancii Valentini", distinto cioè da "villa Pianelli", da ciò si può credere che la pieve non era esattamente in Pianello ma nelle vicinanze(1).

Tra le persone coinvolte nei fatti che hanno riguardato il monastero di S. Giustino degli anni '80 del 1200, è anche un "Petrus", plebano "de sancto Valentio"(1)(10).

Dipendente dal monastero di S. Giustino(22)(26), nel sec. XIV la "Ecclesia Sancti Valentini de Planello castri Arnis" risulta dipendente della pieve di S. Quirico(23); nel 1456 sono registrate assieme le "Ecclesia plebis Sancti Valentini et Sancti Angeli de Castro Arnis" con 4 pezzi di terreno(11)(16) e con un unico rettore Antonio "Egidi" da Cortona(26); ancora nel 1486 avevano un loro catasto "sotto nome di pieve di S. Valentino e di S. Angelo"(14). Nei censimenti catastali del sec. XVI le due chiese sono invece distinte, una come "Ecclesia Sancti Valentini de Castro Arnis"(16) oppure "pieve di S. Biagio e Valentino"(1)(26)(27), l'altra come "Ecclesia Sancti Angeli de Castro Arnis"(16). Sembra quindi che la chiesa e la pieve siano rimaste unite per alcuni decenni con il titolo di pieve*5. Dal sec. XIV/XVI circa, al nome della pieve di S. Valentino è spesso aggiunto quello di S. Biagio*6.

Per fuggire dalla peste e dalle guerre, presumibilmente tra i sec. XV e XVI, l'onere della cura delle anime in seno dalla chiesa di S. Valentino viene trasferito, con il fonte battesimale in essa custodito, alla chiesa di S. Giovanni nel castello(1)(27)(14)*7.

In una mappa catastale del 1727 è riportato l'edificio della vecchia chiesa di S. Biagio nello stesso punto della nuova(28).

La vecchia chiesa dei Santi Biagio e Valentino viene demolita perché fatiscente e nel 1868 iniziarono i lavori di ricostruzione della nuova chiesa in parte finanziati dall'Ordine di Malta; la chiesa è inaugurata nel 1875 e intitolata a San Biagio vescovo e martire(29).

Chiesa di San Giovanni Battista di Castel d'Arno. La cappella di San Giovanni Battista di Castel d'Arno, si trovava "intus dictum castrum"(dentro il detto castello)(26); se ne ha testimonianza dal 1268 quando Leonardo ne era il rettore(26).

Dipendente dal monastero di S. Giustino(22)(26), nel sec. XIV la "Ecclesia Sancti Iohannis de castro Arni" risulta dipendente della pieve di S. Quirico(23); questa chiesa aveva un proprio catasto dei beni nel '500(14); nel 1551 si trova iscritta al catasto come "Ecclesia Sancti Iohannis de Castro Arnis"(16).

Per fuggire dalla peste e dalle guerre, presumibilmente tra i sec. XV e XVI, l'onere della cura delle anime in seno dalla pieve di S. Valentino viene trasferito, con il fonte battesimale in essa custodito, alla chiesa di S. Giovanni nel castello(1)(27)(14)*7.

Nel 1578 la parrocchia di S. Giovanni Battista risulta essere di libera collazione del vescovo di Perugia; in quest'anno i Cavalieri di Malta della commenda di S. Giustino ne prendono possesso e nominano 'abusivamente' il parroco; il possesso venne comunque riconfermato nel 1580 da papa Gregorio XIII(26)(27). Dal 1629 questa parrocchia la si trova nelle seguenti intitolazioni: S. Giovanni; S.S. Giovanni e Biagio; S. Biagio(27). Probabilmente dopo la costruzione della nuova chiesa di S. Biagio nel 1875(29), la chiesa di S. Giovanni nel castello, poco abitato e scomodo, viene abbandonata.

Chiesa di San Donato di Ranca. Tra le persone coinvolte nei fatti che hanno riguardato il monastero di S. Giustino degli anni '80 del 1200, è anche "Bernardus", rettore della chiesa di "sancti Donati de Ranca"(10).

A Beneficio Ecclesiastico semplice(14)(26), la chiesa di S. Donato è stata tra quelle dipendenti dal monastero di S. Giustino(22)(26). Nel catasto del '500 la chiesa è riportata come "Ecclesia Sancti Donati de Ranca de Assisio"(16).

Nel 1578 la chiesa non esiste più e a malapena si conosceva il luogo "quo erat simplex ecclesia Sancti Donati de dicto castro Arnis, Perusine seu forsan alterius diocesis"(dove era la semplice chiesa di S. Donato di Castel d'Arno, perugina o forse di altra diocesi)(26); questa chiesa infatti si trovava in una zona a lungo contesa tra Perugia e Assisi; nel 1751-1800 si conferma che della chiesa "non rimane più vestigia"(14).

Chiesa di San Cristoforo. La chiesa di S. Cristoforo "prope Clascinam comitalus Perusii"(1)(26) si trovava evidentemente vicino al fiume Chiascio e lungo la Via de Traversa(22); la "strada de Traversa" detta anche "traversa di campagna" ricordata fin dal 1056 doveva interessare sia l'assisano che il perugino; partiva da (Pianello), Torchiagina fino a Ospedalicchio e Brufa(1); potrebbe essere quella striscia che oggi nelle carte regionali si riesce a malapena a intravedere, interrotta in diversi tratti e dall'aeroporto e che ricalca esattamente il confine comunale; all'altezza di Torchiagina sono riportati tre vocaboli chiamati "La Traversa"; suppongo che questa chiesa era presso la "villa Caimani" detta sopra.

La chiesa di S. Cristoforo è stata tra quelle dipendenti dal monastero di S. Giustino(22)(26); è ricorda 1342 e nel 1359 con i rispettivi rettori Ercolano "Pantulii" e Giovanni a cui succede Francesco "Mactioli de villa Pontis Sancti Iannis"(26); con un proprio catasto nel '500(14), nello stesso secolo e censita come "Ecclesia Sancti Cristofori de Castro Arnis"(16).

Secondo alcuni testi, la chiesa S. Cristoforo è unita a quella di S. Angelo di Castel d'Arno, secondo altri invece viene unita alla pieve di S. Biagio e Valentino di Pianello; nel 1569 risulta in rovina(26) e nel 1751-1800 è confermata diruta(14).

Chiesa di Santa Croce. In Castel d'Arno si ricorda anche la chiesa di S. Croce(14); registrata nei catasti del '500 come "Ecclesia Sancte Crucis de Castro Arnis"(16), nel 1751-1800 risulta diruta(14).

Un insediamento chiamato "Crucis" è sia nelle pertinenze di Castel d'Arno che di Pilonico(1); nelle attuali carte regionali un vocabolo "S. Croce" è nei colli tra S. Giustino e Fratticiola selvatica; sembra però che la chiesa veniva chiamata anche con il nome di S. Croce di "Capolegge", che oggi sembera identificabile con il vocabolo "Caprareccio"(1); nelle carte regionali un vocabolo "La Caprareccia" è a 0,5km a sud-est di Pilonico, dove ci sono degli edifici in rovina.

Si ricordano tre oratori: S. Donato della famiglia Baglioni ricordata nel 1554 e nel 1627, nel 1751-1800 non ne resta nulla; S. Nicolo della famiglia Alfani e la Madonna del Carmine della famiglia Bensi d'Assisi(14).

 

Ricerca e Sintesi

Strade e posti

Fonti

(1) Medioevo rurale perugino. Una ricerca sul territorio dell'attuale XII circoscrizione del comune di Perugia.

(2) Delle memorie annali et istoriche delle cose di Perugia, IV.

(3) BDSPU - Da Totila a Rachi - Perugia e il suo territorio nei primi secoli del Medioevo.

(4) Albinus gesta pauperis scolaris Albini - livres X et XI.

(5) Le più antiche carte dell'abbazia di S. Maria Val di Ponte.

(6) Le carte dell'archivio di S. Pietro di Perugia.

(7) Antiquitates Italicae Medii Aevi.

(8) Storia di Perugia dalle origini al 1860.

(9) Le Liber censuum de l'Église romaine.

(10) Le Registre de Benoît XI (1303-1304).

(11) Città e territorio tra medioevo ed età moderna.

(12) Repertorio delle famiglie e dei gruppi signorili nel perugino e nell'eugubino tra il XI e XII secolo.

(13) Della historia di Perugia.

(14) Belforti-Mariotti.

(15) BDSPU - Cronaca perugina inedita di Pietro Angelo di Giovanni.

(16) san.beniculturali.it

(17) Biografie dei capitani venturieri dell'Umbria.

(18) BDSPU - Le fiere a Perugia tra XVI e XVIII secolo e le fiere e mercati nel contado.

(19) La popolazione dello Stato Romano (1656-1901)/Indice alfabetico di tutti i luoghi dello Stato Pontificio/Corografia d'Italia gran dizionario storico geografico-statistico/Topografia statistica dello stato pontificio.

(20) Testimonianza di Lorenzo Pompili fatta al TG3.

(21) QN, La Nazione, Umbria.

(22) La presenza templare sul territorio arnate.

(23) In margine ad una carta geografica delle chiese, dei monasteri e degli ospedali della Diocesi e del contado di Perugia nel sec. XIV.

(24) arnatemplare.eu

(25) emozioninumbria.com

(26) BDSPU - L'Ordine dei Templari a Perugia.

(27) Le fonti per lo studio della popolazione della Diocesi di Perugia dalla metà del XVI secolo al 1860.

(28) Il vecchio castello racconta... '...la storia di Castel d'Arno e Pianello'.

(29) Archivi SIUSA/chieseitaliane.chiesacattolica.it

Note

*1 La fonte(1) ipotizza la distruzione di Arna durante il tentativo fallito dei Goti di occupare Perugia nel 545-546 oppure in quello riuscito del 548-549 nel quale, durante l'assedio a Perugia, i Goti distrussero i ponti e probabilmente anche le campagne vicine; la fonte(2) ipotizza nel 597 durante l'espansionismo longobardo.

*2 Segni di influenze longobarde nell'arnate persistono fino al sec. XIII, è quindi probabile la presenza longobarda abbia avuto una certa durata.

*3 nel 1258 "Civitella de Arno" è registrata senza una qualifica, ma due anni dopo, nel 1260, è indicata come "v.[villa] Civitelle Arnis"(11).

*4 "Uguccione Guidonis" è coinvolto nelle vicende in due ben distinte località, Castel d'Arno (assisana-perugina) e Galgata (eugubina); la fonte(12) suggerisce che fossero due persone omonime ma in verità la stessa fonte(12) attribuisce a questo personaggio eventi di questi due castelli che combaciano al punto da avere una ragionevole certezza che fosse la stessa persona; Uguccione sembra chiaramente avere origini arnati/assisane, in Galgata aveva forse beni acquisiti con matrimonio, fatto sta che dopo la sua morte il figlio Avultrone risiedere in Castel d'Arno mentre il figlio defunto Guido e le altre sue "nobiles mulieres figlie" in Galgata(12).

*5 La fonte(1) ipotizza che la chiesa di S. Angelo possa essersi elevata a pieve tra i sec. XIII e XVI; io ho trovato S. Angelo indicata come pieve solo quando unita alla pieve di S. Valentino nella seconda metà del sec. XV; immagino quindi che abbia acquisito il titolo a seguito della fusione.

Nel 1456, la fonte(14) indica con un proprio catasto la sola chiesa di S. Angelo, mentre nella fonte(16) la cita assieme alla pieve di S. Valentino.

*6 Le fonti non concordano sulla data dell'inserimento del titolo di S. Biagio in quello della pieve di S. Valentino (e non si sa cosa questo abbia significato); questo problema è riconosciuto anche dalla fonte(26). La fonte(14) cita S. Valentino e S. Biagio assieme nel 1350 e nel 1486; La fonte(27), secondo la relazione del vescovo Odoardi, nel 1456 e ancora nel 1572; la fonte(1) afferma che il titolo di S. Valentino sia stato aggiunto a quello di S. Biagio nel sec. XVI; la fonte(16) riporta nei catasti del sec. XVI (presumibilmente verso gli anni 50) ancora il solo nome di S. Valentino.

*7 Le fonti sono discordanti sulla data di unione della pieve S. Valentino con chiesa di S. Giovanni. La fonte(27)"per comodità della popolazione e a causa di guerre e pestilenze" e la fonte(29) datano l'unione nel 1456; la fonte(1) tra il 1456 e il 1572; la fonte(14) sembra sottintendere dopo il 1486; nei movimenti catastali riportati dalla fonte(16), nel sec. XVI (presumibilmente verso gli anni 50) sono riportate distinte la chiesa di S. Valenitino e, per due volte, la chiesa di S. Giovanni. Non è da escludere che alcune unioni siano state temporanee.

Oltre a non avere certezze sulla data dell'unione delle parrocchiale di S. Giovanni e S. Biagio (e la pieve di S. Valentino), non è chiaro lo stato delle cose a partire dal sec. XVI in poi; la fonte(27) è l'unica che da qualche informazione; fino al 1625 la parrocchia ha il solo titolo di S. Giovanni Battista in Castel d'Arno; dal 1629 al 1771 si alternano i titoli di S. Biagio in Castel d'Arno, S.S. Giovanni e Biagio di Castel d'Arno e S. Giovanni [Battista] in Castel d'Arno; a seguire, fino al primo quarto dell'ottocento, troviamo solo il titolo di S. Giovanni Battista in Castel d'Arno.

Riporto in fine quanto riportato dalla fonte(29) "Qui vi rimase sino al 1875 quando, demolita la vecchia Chiesa dei Santi Biagio e Valentino, venne eretta l'attuale Chiesa dedicata a San Biagio da cui la Parrocchia ha preso il nome."; si conferma quindi che la vecchia Chiesa dei Santi Biagio e Valentino esisteva ancora.

Considerando quanto detto anche nelle note*5 e*6, è evidente che la ricostruzione dello stato delle cose può essere inesatta.

Francesco Alfani

U

ltimo dei tre figli del conte Severo Alfani, come tutti i nobili del tempo, ricevette una buona educazione e a 14 anni iniziò la carriera militare. La sua vita si svolse tranquilla fino alla quaresima del 1584 quando, partecipando ad un giuoco tra nobili, venne offeso dal conte Anastagi. Francesco si vendicò dell'insulto ricevuto uccidendo un servitore degli Anastagi; da questo fatto iniziò una serie di vendette che portarono il giovane Alfani ad essere bandito, cioè cacciato, dalla città di Perugia(1).

Radunati attorno a sé altri malviventi, nel 1586, Francesco costituì una banda di briganti e pose la sua roccaforte a Castel d'Arna, antico possedimento della famiglia Alfani.

Divenuto Papa Clemente VIII, Francesco ebbe l'occasione di riabilitarsi arruolandosi con i suoi uomini per andare in Francia nella guerra contro gli Ugonotti dando prova d'incontestabile capacità militare tanto da diventare colonnello(1).

Ma dopo breve tempo Francesco vuole "rivedere il suo Castel d 'Arno, il suo Montalto sopra la Fratta, la sua Valfabbrica, il suo Pianello, e sfuggendo di nascosto alle insistenze del suo generale che voleva ritenerlo, riporta il terrore nei luoghi delle sue gesta, e alla testa d'una dozzina di scherani torna a far la vita del bandito insieme con l'altro bandito Angelo Boncambi"(2).

"in breve volger di tempo sfuggì a molti agguati tesigli dagli inimici, li sconfisse in parecchi combattimenti, specialmente al ponte Nuovo; uccise al ponte di Caina, in compagnia della madre, un'altra mezza dozzina di riottosi villani; ed era già arrivato a buon punto col numero delle sue vittime. Egli stesso ne confessò settantotto; e se poteva chiapparle vive, se le portava sempre con sè a Castel d'Arno, e tutte le uccideva e seppelliva nel suo diletto giardino, quasi ne volesse fare un museo."(2).

La sua crudeltà lo portò a rubare addirittura nella Badia Celestina di Civitella Benazzone e a uccidere persino l'abate poi, furbescamente, per ingraziarsi gli abitanti del posto, divise il bottino con mezzadri e braccianti(1).

La sfrontatezza dell'Alfani arrivò anche a sfidare il nuovo governatore di Perugia, Monsignor Schiaffinati, mandato in città con il preciso scopo di arrestarlo. Alla taglia che il governatore mise sulla sua testa Francesco, notte tempo, rispose tappezzando le mura di Perugia con cartelli in cui prometteva mille scudi a chi lo avesse aiutato a uccidere il nuovo governatore(1).

Per la "sola" accusa di aver violentato la figlia di un muratore, Alfani viene catturato e "messo in segreta; ma pare che una Stratonica figlia del carceriere gli rendesse men dura la prigionia, come pare altresì che per opera di Raffaele Alfani [un suo fratello] il muratore fosse avvelenato affinché non parlasse."(2).

Alfani viene trasferito nella rocca da dove "incomincia la sua buona ventura. Alloggiato in due comode stanze, egli menava vita splendidissima fra le guardie e gli amici; chi voleva poteva parlargli, e specialmente andavano a parlare a lui i perseguitati dall'altrui prepotenza.". Alfani, con la complicità del fratello Raffaele, "arricchiva in prigione, e in prigione faceva paura a tutto il paese."(2).

"Intanto, nel settembre del 1600 venne legato in Perugia il cardinale Bonifazio Bevilacqua, il quale, recatosi a visitare la fortezza, ed entrato nelle stanze dell'Alfani, lo chiamò, alla presenza di tutti, macellaro di carne umana, dicendogli che ben presto sarebbe stata sbrigata la sua causa. A questa intemerata rimase tranquillo Francesco più che non fossero gli amici suoi, e pare che ne fosse cagione la miopia del castellano Bisdomini, imparentato a Roma con pezzi grossi. Il fatto è che una mattina fu trovata una grossa fune attaccata alla bocca d'un cannone dalla parte della Sapienza Bartolina, e il prigioniero sparito."(2).

Francesco ha ancora l'opportunità di farsi valere nei servizi militari e ottenere il perdono dal Papa. Tornato a Perugia prese moglie con la speranza di placarne l'istinto, ma questo non valse. Torna nella milizia e vien fatto governatore di Peschiera da Venezia "Ma pare che tornato in patria egli ne facesse alcun' altra delle sue, poiché, cercato dalla sbirraglia a Castel d'Arno per opera d'un commissario venuto a posta da Roma, egli potè per astuzia o per denaro svignarsela a Cortona ove mori due anni appresso ai 27 gennaio 1635, in età di 72 anni lasciando figli prepotenti é sanguinari come lui, fra i quali Flaminio, divenuto stolido e paralitico per ubbriachezza, e Carlo privato della croce di Malta, e morto in galera"(2).

Il nome degli Alfani è ricorrente nella cronaca nera (oltre che in quella artistica e culturale) perugina: nel 700 a Castel d'Arno un Girolamo Alfani batte moneta falsa e, sempre nel 700, un altro Luigi Alfani, arrestato per aggressione, viene liberato dai fratelli Leonardo e Saverio; Leonardo è condannato a morte, Saverio a 5 anni, e Luigi è condannato con sicurità di cinquemila scudi al carcere di Roma(2).

Nella seconda metà dell'800 in Castel d'Arno si ricorda il brigante Cinicchia, tradizionalmente ricordato come un leggendario Robin Hood(3) e l'ultime brigante della zona Giovanni Vinti arrestato dai carabinieri nel 1901(4).

 

Ricerca e Sintesi

Strade e posti

Fonti

(1) Tesori nella campagna - Sulle orme dei banditi e dei briganti del territorio arnate.

(2) Storia di Perugia dalle origini al 1860.

(3) Il vecchio castello racconta... '...la storia di Castel d'Arno e Pianello'.

(4) lolivoelaginestra.it

Castel d'Arno, storie e leggende

S

i narra che... Una sera, tanti anni fa, tre cacciatori, coperti da larghi cappelli, salendo verso Castel d'Arno, incontrarono, vicino ad una casa, una contadina alla quale chiesero se ci fossero, nella zona, delle lepri da cacciare. La donna rispose che non c'era più niente, perché si erano mangiato tutto gli "Alfanacci", nobili briganti del posto. I tre, purtroppo per la contadina, erano i tre fratelli Alfani i quali, la presero e la infilarono nel forno dove ardeva già la legna. La triste fama degli Alfani è sopravissuta fino a pochi anni fa; infatti, quando, a Castel d'Arno si voleva spaventare un bambino che faceva i capricci, lo si minacciava dicendo: "t'fò ni a pià da l'Alfano!"(1).

Nell'immenso giardino si ritiene che Alfani abbia seppellito decine di poveri malcapitati ancora vivi. Un vecchio racconto popolare, oggi quasi dimenticato, narra che nei secoli successivi a questi fatti furono in molte le persone che asserirono di aver udito provenire dal parco strane voci che disperatamente imploravano aiuto. Oggi il palazzo in questione è praticamente in rovina e l'immenso giardino è stato riconvertito alla coltura dell'oliva. (2).

Si diceva... ancora agli inizi di questo secolo, che un gatto poteva andare dalla chiesa di Pianello fin su a Castel d'Arno, senza toccare le zampe in terra. Questo stava a significare che tra la chiesa ed il castello c'era un bosco così fitto che un gatto sarebbe potuto salire fino a Castel d'Arno passando, comodamente, da un ramo all'altro(1).

Si racconta che... la torre di Castel d'Arno fosse altissima e raggiungesse i trenta metri di altezza(1).

Si sa che... sotto Castel d'Arno ci sono dei cunicoli sotterranei, in parte crollati, ma che anticamente scendevano fin quasi alla base della collina, questo per permettere la fuga in caso di assedio(1).

 

Ricerca e Sintesi

Strade e posti

Fonti

(1) Il vecchio castello racconta... '...la storia di Castel d'Arno e Pianello'.

(2) Umbria Misteriosa - storie inquietanti di presense oscure.

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Coordinate GPS 43.14968, 12.538813

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Strade e Posti

Castel d'Arno 
Castel d'Arno